L’art 1676 c.c. recita testualmente: “Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”.
La norma appena richiamata prevede, dunque, che il committente è tenuto a pagare direttamente gli ausiliari dell’appaltatore nei limiti di quanto dovuto all’appaltatore stesso per l’esecuzione dell’opera.
Va però detto che i soggetti legittimati a proporre l’azione di cui all’art. 1676 c.c. sono solo coloro che hanno prestato la propria attività alle dipendenze dell’appaltatore, restando perciò esclusi il subappaltatore, il libero professionista o il prestatore d’opera.
A titolo esemplificativo si richiama il seguente principio giurisprudenziale: “l’azione diretta proposta dal dipendente dell’ appaltatore contro il committente per conseguire quanto gli è dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’ appaltatore al momento della proposizione della domanda, è prevista dall’art. 1676 c.c. con riferimento al solo credito maturato dal lavoratore in forza dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio oggetto dell’appalto, e non anche con riferimento ad ulteriori crediti, pur relativi allo stesso rapporto di lavoro” (Corte di Cassazione, Sez. Lav., 19 novembre 2010 n. 23489).
L’azione proposta ex art. 1676 c.c. non trova ostacolo neppure nell’eventuale sopravvenuto fallimento dell’appaltatore, in quanto si tratta di azione diretta tra terzi rispetto al fallito e, quindi, non soggetta alla disciplina imposta dall’art. 52 Legge Fallimentare, la quale assoggetta alla regola della par condicio creditorum solo le azioni e i diritti contro il fallito.